Rinchiusi
La gabbia era piccola, sembrava restringersi ad ogni suo respiro.
La piccola creatura urlò con tutta la forza all’orco di farla uscire.
Ma il grande esso non sembrava ascoltarla.
Lei allora si rassegnò al suo destino crudele. Smise di urlare e si rannicchino in un angolo a piangere.
Alzò lo sguardo e vide che l’orco non c’era più.
I pensieri precedono le parole.
Un'altra creatura verrà a salvarla o a catturarla?
Rimase lì, immobile, senza riuscire più neanche a piangere.
Era già successo, non voleva ricordare. Di quando aveva sperato in una salvezza, ma poi si era rivelato solo essere un altro incubo.
Aspettava, non voleva gridare. Aveva paura che qualcuno la sentisse, e che fosse solo un altro carceriere, un'altra gabbia, un altro dolore.
La creatura non si accorse che il mondo nel frattempo era cambiato, che gli alberi avevano ricominciato a fiorire, non si era accorse che non era più neanche una piccola creatura. Avvolta nel suo silenzio non si accorse neanche di quando qualcuno arrivò e la chiamò.
Sentiva dentro di se tanta desolazione, non aveva più speranza. Poi all'improvviso un fruscio, un alito di vento alle sue spalle. Di nuovo quei pensieri. Un'altro orco è venuto a prenderla.
Trova il coraggio di girarsi e aprire gli occhi e lì, davanti a lei, finalmente lo vide.
Il grande cervo bianco che con i suoi grandi occhi sembra chiederle di seguirlo. Di fidarsi di lui.
Il cervo la fissava e aspettava calmo. Lei stava lì, rannicchiata al centro della gabbia. Tremava e mentre alzava la testa lentamente si guardava intorno. Fu allora che si accorse che l'orco non c'era più. Non sapeva se era morto. Aveva paura che sarebbe tornato o peggio sarebbero arrivati altri più crudeli di lui.
Voleva uscire da lì ma non sapeva come. Sapeva che da sola non ci sarebbe riuscita. E lei era stanca di essere sola. Guardò il cervo. Lui capì. Indietreggiò e con la testa le indicò un punto a terra. La chiave era lì e poteva prenderla. Doveva solo volerlo.
Il cervo continuava a fissarla immobile. Lei aveva paura. Era rimasta troppo tempo intrappolata lì dentro con il dolore che ogni giorno strappava un pezzo del suo cuore lasciandole solo il vuoto. Quel dolore aveva inghiottito la speranza nata da una primavera che lei non si era accorta fosse fiorita.
Guardò di nuovo il cervo e riuscì a vedere accanto a lui due figure non ben definite ma familiari che le ricordarono quella speranza sopita. Qualcosa si accese dentro di lei. Doveva rischiare e voleva fidarsi.
La chiave sembrava così lontana, si avvicinò al bordo della gabbia e allungò il braccio così tanto da sentirselo spezzare.
Ci riuscì. Aprì la gabbia ma esitò ad uscire.
Pensieri dolorosi che premevano su ogni fibra del suo corpo la riportavano indietro nel tempo e le incutevano paura.
Decise di uscire. Si avvicinò al cervo e alle due figure accanto a lui. Si sentiva al sicuro con loro. Forse le sue preghiere erano state ascoltate. Forse qualcuno era venuto a salvarla veramente. Forse qualcuno finalmente voleva ascoltare il suo dolore, comprenderlo, abbracciarlo.
Capì che non sarebbe stato facile percorrere il sentiero che le indicava il cervo ma capì che era l'unica via per arrivare a quella luce di salvezza.
Capì pure che non era sola a fare quel viaggio, che ci sarebbe stato qualcuno che l'avrebbe circondata con un abbraccio per sostenerla e aiutarla ad affrontarlo.
Poteva farcela. Con loro accanto poteva superare le curve piene di rovi con le spine pronte a conficcarsi nella pelle e a farle male di nuovo.
Sapeva che sarebbe stato faticoso e doloroso ma doveva andare avanti. Indietro avrebbe ritrovato solo gli orchi a riportarla nella desolazione.
Piano piano si incamminò.
Ogni curva le trafiggeva il cuore, ma dopo ogni curva la strada diventava dritta, gli alberi sempre più verdi, i prati sempre più fioriti a ricordarle il profumo della primavera.
Dopo ogni curva appariva un animale del bosco che si univa a lei per incoraggiarla e accompagnarla fino al traguardo.
Dopo ogni curva il cielo diventava sempre più limpido e un vento tiepido le accarezzava il viso dandole vitalità.
Curva dopo curva ci riuscì.
Arrivò alla fine del sentiero. La luce della salvezza la riscaldò.
Si voltò indietro. Vide le curve più morbide. Vide i rovi senza spine. Vide tutti gli orchi morti. Lei li aveva uccisi. Si sentì forte.
Tutti le fecero capire quanto fossero orgogliosi di lei.
Si sentiva stanca ma felice.
Guardò il cervo che le sorrideva e sembrava dirle che le avrebbe indicato altre vie da prendere se fosse stato necessario.
Guardò le due figure che ora erano nitide e che finalmente riconobbe in quella speranza e in quell'amore che lei aveva sentito per la prima volta quando anni prima li incontrò. Si rese conto che loro erano stati sempre con lei, che non l'avevano abbandonata come gli altri. Pazienti e amorevoli l'avevano protetta, sostenuta, incoraggiata e aspettata. Anche quando lei rimase chiusa in quella gabbia.
Quella gabbia ora era solo un ricordo lontano che non la stringeva più. Lei ora era fuori ed era pronta a volare in alto, prendere i suoi sogni e stringerli forte nelle mani. Non avrebbe permesso a nessuno di portarglieli via. Il mondo si sarebbe accorto di lei.
Commenti
Posta un commento